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Il capitano, un uomo e il poeta. Per chi vuole, per gli altri il recovery fund

(Pubblicato su questo sito il 18 luglio 2020) – Il paese delle meraviglie IL CAPITANO, UN UOMO E IL POETA. PER CHI VUOLE, PER GLI ALTRI IL RECOVERY FUND Sono venuto a trovarti, capitano; voglio svegliarti, capitano. E mettiamo da parte il tuo valore, che se la veda con le onde del mare, che se la rida delle seppie e dei calamari, che forzi le correnti a fissare il naufragio a un’ora prima che la nave affondi, sempre a un’ora prima… mentre gli dèi si confondono, non si capisce se offesi o ammirati. Raccontami la tua canzone marina, quella che solca la tua testa e il tuo cuore, che sembra una ballerina che ti guarda, stella su di un cubo, muta, dai confini della terra, dalla pubblicità del mondo, mentre il mondo continua a giocare con le carte. E’ il capitano che si mostra ma che è ben nascosto nella…

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Ismaele e papa Francesco. La democrazia s’ammala senza la caccia a Moby Dick

(Uscito, con altro titolo e in versione leggermente diversa, su “l’Adige”, 2 luglio 2020; “Alto Adige”, 4 luglio 2020 – Pubblicato su questo sito il 2 luglio 2020) – «La profezia nasce quando ci si lascia provocare da Dio; non quando si gestisce la propria tranquillità e si tiene tutto sotto controllo», nasce quando si ribaltano le certezze e ci si apre alle sorprese di Dio. «Oggi abbiamo bisogno di profezia, di profezia vera: non di parolai che promettono l’impossibile». Così papa Francesco nella messa per i SS. Pietro e Paolo. Ma molti non credono in Dio, per loro “Dio è promessa impossibile”. Forse un parolaio, caro Francesco? Come la mettiamo con costoro? Da cosa possono lasciarsi provocare, se non credono in Dio, per cercare di sfuggire all’esistente “tutto sotto controllo”, fatto di routine che ingabbiano la vita e la svuotano di senso e dignità? Sono condannati all’assenza di orizzonti…

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“Chiamatemi Ismaele”. Intorno a Moby Dick

(Pubblicato su questo sito il 27 giugno 2020) – Il paese delle meraviglie  «Chiamatemi Ismaele”, dice. E la testa a Moby Dick Dice: «Chiamatemi Ismaele». E chiamiamolo Ismaele, allora. È il nome che gli ha dato il padre?  (e la madre non conta? Beh, questa è un’altra storia). O forse il nome se l’è dato lui? Può essere. Chiamiamolo comunque con il “suo” nome. Lo faccia anche chi dissente, o chi gli disconosce il nome e gliene dà un altro, un nome che vede in lui un eroe oppure che lo disprezzi come “mala erba”, che gli susciti infinito smarrimento, sentimenti di compassionevole o, perché no?, colpevole perdizione. Un disadattato? Un fallito? Il destino, più o meno “cinico e baro” ma tremendo quando ci si mette? Scegliamone pure noi il nome, se è ciò che vogliamo, ma questo sarà il “nostro” nome. Non il “suo”. Ma ascoltiamolo… Dice della terra,…

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