Immagina… una caverna e catene

Il paese delle meraviglie

Immagina… una caverna e catene

 

Immagina una dimora sotterranea, insomma una caverna.

L’entrata, ampia quanto tutta la larghezza della caverna, è aperta alla luce.

Immagina degli uomini che vi stanno dentro da quando sono nati: sono incatenati gambe e collo, non possono muoversi, non possono girare la testa, possono vedere solo davanti a loro.

Immagina che alle spalle di questi uomini brilli, alta e lontana, la luce di un fuoco, che essi non possono vedere.

E immagina che tra il fuoco e i prigionieri corra una strada rialzata.

Immagina un muretto costruito su quella strada, simile a quegli schermi dietro i quali si nascondono i burattinai per mostrare agli spettatori dei burattini.

Proiettate dal fuoco, i prigionieri vedono solo ombre. Hanno solo e sempre visto solo ombre. Tali ombre sono la realtà. La sola, per loro, e unica realtà esistente. Essi vivono profondamente immersi in quello che è il loro mondo.

Immagina che uno degli uomini rinchiusi nella caverna si sciolga (o fosse sciolto?) dalle catene. Che si alzi, che giri il capo, che si guardi alle spalle, che cammini e che levi lo sguardo alla luce… Avendo egli sempre vissuto nell’ombra e nella penombra, immagina quanto dolore gli possa procurare l’abbaglio della luce e quanto l’abbaglio gli impedisca di distinguere alcunché.

Immagina che tu, per volontà degli dei, fossi sopraggiunto in quel sito, chissà da dove, e che dicessi a quell’uomo addolorato e accecato che tutte le cose che aveva fino ad allora visto nella sua vita erano solo ombre, oggetti vacui, impalpabili e inesistenti, tanto da non poterne egli fare alcun uso a lui desiderabile; e che, invece, ora egli può vedere meglio come stanno le cose. Cosa credi che quell’uomo ti risponderebbe? Se tu gli chiedessi di rispondere, ora, che cosa siano le cose che egli ora vede, cosa ti direbbe?

Immagina che quell’uomo rimanga dubbioso e giudichi più vere e piacevoli le cose che vedeva prima, quando non era afflitto dal dolore e dall’accecamento della luce abbagliante che in quel momento lo colpisce.

Immagina che tu gli chieda di rivolgere lo sguardo diritto verso la luce. E che egli fugga lontano dalla luce.

Immagina ora la tua reazione di fronte a uno scandalo tanto doloroso.

Prendi coraggio, uomo o donna, e racconta, se vuoi, la tua reazione di fronte a quell’uomo (o donna) liberato dalle catene e dall’oscurità…

Immagina, it’s easy if you try…

E nel rispondere, sullo sfondo ascolta Chains, chains, chains.

Sarei curioso di sapere.

Saluti.

P.s. : Con tanti omaggi a Platone, e a tutti i platoniani inconsapevoli di esserlo. Ma anche ad Einstein che litiga con Heisenberg sotto lo sguardo perplesso di Kant.

VIDEO

Chains, chains, chains (Elvis Perkins in Dearland)

TESTO

Whose eyes are those
Too fair to be but the night in day’s clothes
Speak, speak it I beg if you know it
Just say it plain
Lorraine’s

What thing is this
At my feet, at my heart, at my wrists
If you know anything, I have to insist
That you explain
Chains, chains, chains
Chains, chains

Then what am I
If bound to walk in chains ‘til I die
Reaching wildly out to the sky
With no particular aim
A flame and all aflame

And what are these
Put my mind out to deep, deep seas
I won’t see the forest, I won’t see the trees
‘Til they’re gone with the flame
Names, name

Whose eyes are those
Ought to be careful or simply keep them closed
I see them now wherever I go
Set to the solemn refrain
Chains, chains
Oh, oh oh
Chains, chains, chain, chains


(Pubblicato su questo sito il 8 maggio 2023)

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