Corruzione nei palazzi di Bruxelles e nell’establishment di sinistra. Questione di legalità e questione morale

  1. Né Spinelli, né Berlinguer. Non c’è santo per i ceri dei devoti ipocriti

 «Centomila euro per le vacanze di Natale? ‘Troppi, non possiamo fare come l’anno scorso’, si lamenta al telefono con il marito la signora Panzeri» (Libero). Già solo questa frase dice molto sulla corruzione “ai piani alti” di Bruxelles. Ma anche su come ragionano e si comportano in tema di corruzione coloro che sono stati colpiti dallo scandalo venuto alla luce in questi giorni: calcolano e giocano a nascondere il loro malaffare dietro un uso scaltro e spregiudicato della legalità.

Da giorni i quotidiani italiani, chi più chi meno, aprono con titoli a caratteri cubitali sulla corruzione scoperta dai magistrati belgi in seno al Parlamento europeo e nel gruppo socialista. Gli accenti e commenti delle varie testate sono anche differenti, ma la sostanza sullo scandalo è la stessa e condivisa. È utile documentarli con una breve rassegna. Prendiamo a campione le parole del 12 novembre: “Soldi, favori: choc in Europa. Il caso Qatar, sacchi di banconote a casa del vice presidente del Parlamento Ue. Vacanze da 100 mila euro e intrallazzi: le accuse ai Panzieri”” (Corriere della Sera); “Eurocorruzione. Nella casa di Panzeri 600 mila euro. L’accusa: la rete dell’ex deputato Pd ha distribuito per anni le mazzette dell’Emirato. La presidente del parlamento Ue sospende la sua vice. S’indaga pure sui soldi dal Marocco” (la Repubblica); “La tangentopoli in Europa. Così il Qatar pagava i politici. Articolo 1 sospende l’ex deputato, indagato anche un assistente di un eurodeputato Pd” (La Stampa); “Qataritangenti. Sacchi di banconote, vacanze di lusso. L’inchiesta belga sulla corruzione a favore del Qatar nel parlamento europeo ha al centro il gruppo socialista” (Il Manifesto); “Vacanze da 100 mila euro. E non solo Qatar: Panzeri pagato pure dal Marocco” (Il Fatto Quotidiano); “Corruzione e vergogna. Eurosinistra in pezzi. La svendita dei diritti e l’odore dei soldi” (Il Giornale); “L’inchiesta sui fondi Qatar. Vacanze e viaggi da 100 mila euro, regali da sceicchi per la sinistra in Europa” (Libero); “Mazzette Qatar, a casa della star della sinistra sacchi pieni di banconote. ‘Ce lo chiede l’Europa’? Sì, e l’Europa è questa qui” (La Verità).

I grandi media ora denunciano e moraleggiano. Ma dove sono stati nel frattempo? Il giornalismo d’inchiesta è stato latitante e distratto. O è rimasto intrappolato nel circuito politico-economico-mediatico che conta e i cui meccanismi sono intelligentemente incastrati e oleati? La domanda è fondata. A dispetto del fatto che si finisca per tirarsi addosso le stantie tiritere sui complottisti (complottisti chi? quelli che talora straparlano di complotti o quelli che, se è il caso, i ‘complotti’, o come diavolo li si voglia chiamare, li imbastiscono), oppure per vedersi derisi dalle allucinate tiritere su “i poteri forti non esistono dato che nessuno conosce quale sia il loro numero di cellulare, né possiede filmati di dove e quando essi operano”. «Da quando presiedo la Commissione Speciale contro la Interferenze Straniere, ho ripetutamente avvertito che la corruzione e la penetrazione di interessi stranieri riguarda tutti i Paesi europei e tutti i partiti politici. A destra e a sinistra». Così ha dichiarato in questi giorni, mostrandosi assai poco sorpreso dalla corruzione europea, Raphaël Glucksmann, dal 2020 presidente socialdemocratico e francese della suddetta Commissione istituita dentro la macchina dell’Ue (formiche.net, 12.12.2022). Ma in questi anni gli inviati e i reporter che lavorano a Bruxelles dove erano?

  1. Corruzione sistemica: questione legale e questione morale

Gli sviluppi investigativi dei magistrati sul malaffare internazionale della politica europea divenuto pubblico in questi giorni sono uno schiaffo alla vita civile: ancora una volta, destano indignazione e rabbia tra i cittadini (sempre meno?) che credono nell’onestà e che la praticano. Forse siamo solo alla punta di un iceberg. Un vero e proprio “sistema corruttivo”, probabilmente più esteso, profondo e ramificato di quanto appaia al momento. A colpire è anche il linguaggio dei protagonisti dello scandalo: una lingua che è tutt’uno con il degrado della vita sociale e degli affari pubblici. Un linguaggio che riflette tracotanza impunita persino nei modi con cui si consumano compravendita e inquinamento della politica. Già qui sono racchiusi la svendita e l’asservimento degli interessi pubblici europei a vantaggio di quelli privati, interessi coltivati da consorterie istituzionali che operano sotto la protezione della bandiera stellata dell’Ue, ora ridotta a straccio e immerdata. Il garantismo suggerisce (sempre e non solo a giorni alterni) la necessità di riscontri rigorosi, e però riscontri che diano anche pubblica rendicontazione alla cittadinanza.  Tuttavia, sul piano culturale e della mentalità politica, la vicenda e i suoi protagonisti già ora sono desolanti (per attenerci a un minimalismo stilistico).

La voce popolare e l’opinione pubblica più sofisticata già fanno capolino nel reclamare (più o meno credibilmente) provvedimenti disciplinari, condanne senza attenuanti e inasprimenti delle pene. È difficile non comprendere simili reazioni, considerate anche le cifre della corruzione e le posizioni di privilegio di corrotti-e-corruttori, e dico questo non per giustificare le corruzioni piccole e povere, ma per aggravare l’indecenza delle corruzioni grandi e ricche. Ma qui non interessa la querelle tra garantisti e giustizialisti, bensì la equiparazione, sic et simpliciter, della corruzione a fenomeno da misurare e condannare solo sul piano della legalità; “chi ha violato regole e leggi deve pagare tutto fino in fondo”: ci mancherebbe altro! Ma applicarsi sulla corruzione in termini di “delitti e pene” è questione di legalità, di illeciti penali o amministrativi e dintorni che è compito affidato alle magistrature. Nondimeno, occuparsi di corruzione è anche altro. La corruzione investe ulteriori dimensioni della vita pubblica: qui sono chiamate in causa la politica e la cultura politica.

La parola corruzione (ma anche la sostanza del fenomeno) indica pure una degenerazione morale: il disfacimento dei costumi di una società, del suo tessuto civico, e della sua classe dirigente anzitutto. Così, per un verso, diciamo “corrotto” per riferirci a qualcuno che si serve del proprio potere per ottenere denaro o altre risorse per sé o per il proprio gruppo in cambio di concessioni illecite di favori, e a danno della collettività. Qui corrotto è chi compie un reato e lede interessi pubblici. Ma “corrotto” è anche colui che viene meno ai propri doveri pubblici e istituzionali di cittadinanza in cambio di profitti economici o di potere per sé e/o per il proprio gruppo, a danno della collettività. Qui corrotto sta per “moralmente guasto”. Infine, corrotti possono essere anche un regime politico o una società.

  1. Sul buon cittadino e Mattarella

 In altre circostanze analoghe, il presidente Mattarella ha fatto vibrare la sua voce pubblica. Ma in questi giorni, non so se mi è sfuggito, pare trincerato in un silenzio, che forse nessuno dotato di voce che conta ha sottolineato, ma tale silenzio fa non poco rumore. Qui non si tratta di trincerarsi in un rigido riservo sulle indagini giudiziarie ancora in corso. La corruzione, infatti, non è solo un problema giudiziario. Specie quando essa si irradia e penetra nella vita sociale, nell’economia e nelle istituzioni pubbliche, alla sua base c’è quell’impoverimento etico-politico delle relazioni sociali e pubbliche. Pertanto, declinare la corruzione solo sul piano della legalità e affidarsi al lavoro degli inquirenti è cosa sì irrinunciabile, è cosa necessaria ma non sufficiente. E poco o punto vale sotto questo profilo, l’anatema di “moralismo” che qualcuno potrebbe scagliare. Moralista, del resto e a suo modo, era lo stesso Machiavelli. Il principe del realismo politico moderno, infatti, non esitava a sottolineare che «non si truovano né leggi né ordini che bastino a frenare una universale corruzione. Perché, così come gli buoni costumi, per mantenersi, hanno bisogno delle leggi; così le leggi, per osservarsi, hanno bisogno de’ buoni costumi» (Machiavelli, Discorsi sopra la prima decade di Tito Livio, Libro XVIII).

La corruzione, quindi, è anche corruzione dei mores delle repubbliche: è quel modo di vivere che s’incarna nel rifiuto o nell’incapacità di coltivare il “bene comune” e di considerarlo premessa indispensabile di ogni interesse particulare. Compito primario di un leader politico è evitare che la corruzione dei costumi corroda la vita civile, e non semplicemente di attenersi alle disposizioni di legalità in caso di reati. La democrazia regge ed è di buona qualità a condizione di essere nutrita dal “buon cittadino”, che deve restare tale anche, e soprattutto, quando si tratta di coloro che esercitano il potere e amministrano la cosa pubblica. Così, almeno, detta la dottrina democratica e liberale. A meno che una politica non la si professi e la si difenda come democratica a titolo puramente edificante, o peggio, mentre per il resto si è “uomini di mondo” e non già fanciullini che vivono di fiabe. Ma, attenzione, è proprio qui che si apre un precipizio per l’ordine democratico privato del suo incantesimo[1].

Insomma, il “buon cittadino” è colui che crede nel ed esercita il senso civico. E il senso civico non designa semplicemente il rispetto della legge (pagare le tasse, reclutare personale pubblico secondo regole universalistiche e criteri stabiliti, ecc.). Sia chiaro: legalità e rispetto delle regole formali sono inerenti al senso civico. Ma di per sé non sono la sua “stoffa” politico-culturale.

Di per sé, l’osservanza della legalità nella sfera pubblica può dipendere da molteplici motivazioni, che non sempre sono in armonia con un senso civico propriamente inteso. La condotta del “buon cittadino” è guidata da un “credo” che lo induce a rispettare la legge perché ritiene “giusto” farlo. È questo “credo” che, nel mondo sotto i nostri occhi, siamo andati perdendo, quasi come il riflesso di un malinteso senso della secolarizzazione dei valori e delle virtù civiche nella vita pubblica. La corruzione dei mores della res publica è già arrivata a uno stadio avanzato e il nostro sano pragmatismo ci impedisce di vederlo, quando il senso civico è ridotto solo a legalità e quando si rispettano le regole per opportunismo o utilitarismo, per timore o coercizione, per conformismo o acquiescenza. A quel punto, corrompere o lasciarsi corrompere diventa un calcolo di costi e benefici, una questione di propensione al rischio di essere scoperti. In una società in cui tali calcoli e propensioni si diffondono diventa difficile anche denunciare il corrotto o il corruttore: per quieto vivere o per timore di ritorsioni. Una società dominata da una simile cultura politica è già precipitata nel circolo perverso, e spesso nemmeno percepito, della corruzione.

  1. La politica come compravendita di mercato? “Materia nera” della democrazia

La corruzione si combatte sul piano dei valori. E, per ricominciare, quali messaggi e norme di comportamento o di successo nella vita stiamo trasmettendo ai giovani che abbiamo sedotto con l’Eldorado dell’Unione europea, dove il mezzo (l’architettura giuridico-istituzionale-mercantile detta Ue) sta sostituendo il fine (la democrazia di prossimità e praticata nella vita sociale e pubblica di cittadini, e non di meri consumatori di beni politici)? La politica ridotta a compravendita di mercato è la “materia nera” della democrazia. E dove c’è mercato su cui fare affidamento per il nostro benessere, c’è inesorabilmente anche il mercato nero, anche il mercato nero degli scambi politici ed economici, interni, europei e internazionali. E la corruzione è immancabilmente rigogliosa anche nei palazzi di Bruxelles.

Come la Tangentopoli emersa dalle indagini della magistratura che accelera la fine della “prima Repubblica” aveva travolto il Parlamento italiano e le principali forze politiche pro-sistema dell’epoca, così l’odierna euro-tangentopoli su scala internazionale getta ombre sinistre sul parlamento Ue e (intanto) su una delle principali forze della politica europea pro-sistema. Siamo alle prime notizie relative alle indagini. Cosa porterà il mercimonio economico-politico che vede l’Europa bandiera della democrazia, delle libertà e dei diritti che non si risparmia rapporti di corruzione con i regimi autocratici e illiberali? Per l’Unione Europea, per la sinistra di governo, per le élite europee, per i cittadini e per la fiducia dei cittadini nella politica democratica in Europa.

Non so quanto sia possibile un “mondo diverso”. Ma non credo che la politica presuntuosa e autoreferenziale propagata dalle attuali istituzioni europee apra qualche spiraglio. Anzi.

Che i più giovani mi perdonino, se possono. Ma si facciano anche loro un bell’esame di coscienza, se ne sono ancora capaci.

NOTE

[1] Vedi G. Nevola, Il malessere della democrazia contemporanea e la sfida dell’“incantesimo democratico”, in “Il Politico”, 1, 2007.


(Pubblicato su questo sito il 14 dicembre 2022)

2 Replies to “Corruzione nei palazzi di Bruxelles e nell’establishment di sinistra. Questione di legalità e questione morale”

  1. Personalmente ho sempre pensato che i concetti fondanti la sinistra e la destra siano rimasti da tanto tempo ormai solo teoria, difficili da mettere in atto nel nostro tipo di società.Essere di sinistra è comunque difficile nel contesto attuale,dove il consumismo estremo a cui siamo spinti dal neoliberismo con la finanza ormai padrona del nostro essere ha travisato qualsiasi tipo di concetto che possa essere ricondotto all’uguaglianza e ridistribuzione…L’ apparire non è l’essenza dell’essere… e il problema non è più essere di destra o sinistra ma l’animo umano oscurato semplicemente dal denaro.Le scelte ideologiche servono oggi per nascondere ipocritamente i nostri comportamenti a qualsiasi livello.Va da sè che chi si propone per l’amministrazione della polis dovrebbe essere avulso da queste problematiche ma evidentemente l’animo umano è debole anche nel consesso europeo.Ho lavorato qualche anno nei paesi arabi e per loro è normale agire nei nostri confronti in modo disinvolto per i loro businnes.I latini dicevano..do ut des.. semplicemente non è cambiato nulla.Non è questione di ideologia ma di sistema,il nostro è senza il minimo controllo.per cui la politica è di livello più che basso.

  2. analisi talmente corretta Rino da indurre a correre in aiuto del Partito nuovo che deve nascere,
    Vincenzo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *