(Uscito in versione leggermente diversa sul “Trentino”, 17 gennaio 2019 – Pubblicato su questo sito il 5 luglio 2019)
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Nei momenti importanti si danno appuntamento al Caffè Italia. Per chi ama farlo, non c’è niente di meglio: ore di intelligente conversazione, di brillante e densa discussione, dove le questioni che premono sull’attualità vengono messe a fuoco come solo persone esperte ed informate possono fare, con confronti serrati e critiche meditate. Certo, non tutti i caffè né tutti i circoli arrivano a un’arte dell’opinione di qualità come quella del Caffè Italia. Ma se la compagnia è giusta e il locale pure, ce la si può fare. Quelli del Caffè Italia ce l’hanno fatta, dicono in giro: una combriccola ben selezionata, felicemente riuscita. Verrebbe da dire che tutto avvenga come in un Parlamento, quando si dibatte di importanti problemi della vita collettiva. Del resto, anche il circolo del Caffè Italia è formato da persone “elette”, ossia “scelte” con cura, “speciali”. Quali che siano, i giudizi di ciascuno sulle questioni volta a volta trattate, coloro che parlano al Caffè Italia sanno ciò di cui parlano, sono “informati dei fatti” e sui fatti hanno avuto modo, tempo e voglia di documentarsi e riflettere.
ATTO PRIMO. Tempo fa al centro dell’attenzione del Caffè Italia ci fu il caso di uno scontro tra due mercantili, uno affondò. Per un mese non si fece altro che discutere, da esperti informati, “tecnicamente”, del disgraziato episodio. Nessuno di loro aveva conoscenze dirette di navigazione in mare aperto, ma a sentirli l’impressione era inequivoca; sapevano tutto: quanto tempo passa in caso di nebbia tra un segnale della sirena e il successivo, la differenza tra tonnellaggio, stazza e volume delle imbarcazioni, cosa significa “un quarto di notte”, qual è lo spessore delle lamiere delle navi, come è regolato il diritto di precedenza, come si recupera un piroscafo affondato. “Signore e signori, riflettiamo. La scienza ci dice che va considerato l’angolo di sbandamento trasversale”. Quando la discussione andava fino a notte fonda, a tratti ci si perdeva in divagazioni: sulla cucina dei transatlantici, con elogi a quella italiana, su episodi di vita marina o i passatempi in navigazione. Ma duravano poco. Una sera, uno dei “parlamentari” asserì con ostentata sapiente sicurezza: “Cari colleghi, ho studiato in dettaglio il problema. Non ci sono dubbi: è stata colpa del timoniere!”. Suonò come una sfida. Uno replicò immediatamente: illustrò schemi e tracciati sulla dinamica dei movimenti delle navi scontratesi, calcoli sugli effetti delle correnti marine, e concluse che il timoniere era esente da ogni responsabilità, che lo scontro fu causato dalle decisioni sbagliate del comandante. Un assordante applauso equivalse a un verdetto. E il clima s’infiammò: “Vergogna! Vergogna! Voi state calpestando il diritto marino e la dignità umana! Senza nemmeno avere le idee chiare sulla stabilità, confondendo la dinamica con la statica!”. Intervenne pure il cameriere del locale, che aveva fatto il servizio militare in marina, non a Cuneo come il Totò di un film, e disse: ”Una nave è una nave, bisogna esserci stati sopra per capire cosa succede in quei momenti”. Dopo averlo ascoltato con sguardo di simpatia misto a indulgente superiorità, quelli del Caffè Italia ripresero la “loro” conversazione, ovviamente con quel tono di competenza che a loro s’addiceva.
ATTO SECONDO. A novembre, per diverse serate, al Caffè Italia presero a dibattere di problemi idrogeologici: erano arrivate le grandi piogge e c’era stato un cedimento del letto del Po. La discussione, come sempre, fu circostanziata, robusta di informazioni e colma di competenze: “Il problema degli argini del Po è dovuto alla spinta di una grande massa d’acqua: chi ha progettato e diretto i lavori di costruzione dell’argine nelle equazioni non ha inserito il ‘coefficiente distruttivo’ di un frammento di argine malcostruito”. Più d’uno, tuttavia, ebbe a rilevare che le autorità avevano scelto un progetto che teneva ben conto della massa d’acqua e del coefficiente distruttivo, ma che trascurava il parametro della velocità della pioggia e del flusso acqueo lungo il fiume: un problema di facile soluzione per la scienza e la tecnica, e però una soluzione costosa da mettere in pratica. “Si è voluto risparmiare ieri per avere un disastro e spendere di più oggi!”. Peccato che i nostri ben informati ed esperti habitués del Caffè Italia ebbero la sfortuna di abbandonare il tema giusto il giorno prima che venisse acclarato che il cedimento del letto del Po fosse avvenuto progressivamente, nel corso delle precipitazioni in Valle Padana e nell’arco alpino dell’ultimo mezzo secolo.
ATTO TERZO. Per una decina di giorni, a inizio primavera, al Caffè Italia tenne banco il grave incidente a un passaggio a livello, che provocò la morte di quattro ventenni al rientro in auto da un concerto di Roberto Vecchioni (Quattro ventenni a un concerto di Vecchioni?! Mah…). La partecipazione alla discussione fu puntigliosa, intensa e carica di toni emotivi. Non poteva essere altrimenti, vista la circostanza: un concerto di Vecchioni. Le responsabilità furono attribuite, con gran varietà di motivazioni, all’esistenza del passaggio a livello, ai treni regionali, al macchinista, al controllore dei biglietti, all’aumento del traffico automobilistico, all’elettrificazione delle chitarre, ai dirigenti delle Ferrovie dello Stato, allo Stato, e anche ai “palazzinari della riviera” e alla “questione padana”. Passato un mese dall’incidente, dopo le indagini e le perizie del caso, grazie anche alle testimonianze di amici delle vittime, fu accertato che si era trattato di suicidio, peraltro annunciato sui social ma da nessuno preso sul serio (“Era da tre anni che lo scrivevano ogni sabato sera…”, singhiozza alle telecamere la sorella maggiore di una delle vittime, mentre l’amico aggiunge: “Per fortuna a noi Vecchioni non dice proprio niente…”.
Barche in mare, maltempo, gioventù bruciata… Metafora dei nostri tempi, in tre atti. Vada ciascuno liberamente, a destra o a sinistra, dove lo porta il pensiero, all’’Italia dei Palazzi o degli studi televisivi, al Paese reale o a quello online. Con la partecipazione di Ennio Flaiano e Roberto Vecchioni.
Noi italiani , ma forse in tutto il mondo,commentiamo tutto di tutti in particolare,con pregiudizi ,senza avere un minimo di razionalità nel cercare quel poco di verità che le situazioni imporrebbero. Siamo tutti allenatori sportivi, amministratori pubblici,politici ,ideologi , etc. Siamo l’unico paese al mondo dove abbiamo giornalmente dalle 5 alle 8 trasmissioni politiche con i soliti commentatori ,che si spostano da una trasmissione all’altra,giornalisti o politici di turno che siano. Per giorni si commentano fatti o eventi magari di poca importanza ma che alla fine appassionano il pubblico,confondendolo,non sapendo mai dove sta un minimo di verità. Trasmissioni di distrazioni di massa verrebbe da dire,o per rinfocolare i commenti da bar dove il pregiudizio,frutto di tanta ignoranza,spadroneggia nei commenti vari,privi di qualsiasi supporto.Farei una differenza tra il Caffè Italia,elitario,e il Bar Sport,di massa.Il primo evidentemente getta l’amo,l’esca,il secondo abbocca e segue l’onda,trascinato dal primo.Forse il Caffè Italia è lo specchio del Bar Sport,dunque c’è poco da pretendere e da chiedersi!!!! Citando sempre Bauman le interazioni sono totalmente cambiate con la società liquida,abbiamo perso i punti fermi,le solidità non ci sono più,probabilmente dobbiamo adeguarci o recuperare quello di buono che ci ha supportato finora.