(Uscito in versione leggermente diversa sul “Trentino”, 8 settembre 2015 – Pubblicato su questo sito il 27 giugno 2019)
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Gela il cuore la foto del bimbo siriano sulla spiaggia, lambito dalle onde… pare essersi addormentato sul bagnasciuga, calzoncini blu e maglietta rossa, scarpette senza calzini – come conviene d’estate… ma è un bimbo che abbiamo perso per sempre. Tutti noi. Come altri con lui, a dormire per sempre… Ma forse dorme anche la nostra coscienza, o è paralizzata, come l’impulso che vorrebbe che facessimo qualcosa. Subito. Non a fine settembre, come dice l’ONU che per quel tempo ha annunciato, a fine agosto, un incontro, “data l’emergenza”. Non saranno i mercati o lo spread o il pil a dirci cosa e come fare, anche se i mercati, lo spread e il pil fanno parte di questa storia: sono una delle tante facce nascoste della foto scattata sulla sabbia di Bodrum, anche se non si vedono. Se le élites hanno una legittimità di ruolo, ci sono momenti in cui questa legittimità e questo ruolo devono dare prova di essere giustificati e ben riposti. A noi tutto il resto, che non è poco.
Ha scritto, qualche anno fa, un intellettuale tedesco: tramite «le immagini degli orrori avvenuti in qualche remoto angolo del mondo, lontananza e vicinanza finiscono per scambiarsi di posto», «Anche chi vive lontano si trova nella condizione di reagire agli eventi con attenta compassione, ed è pronto a offrire il suo aiuto. Entra così a far parte di una comunità che si riconosce nella civiltà morale dell’empatia». Certo, «appaiono evidenti le difficoltà a cui andiamo incontro nel soddisfare le esigenze avanzate da un’empatia tanto estesa; solo un virtuoso della compassione potrebbe adempiere ai postulati di una morale che si dilata in ogni dove» (Henninger Ritter, Sventura lontana). Ma queste sono le nostre difficoltà. Se voltare le spalle o imprecare a favore o contro il “moralismo” sono le uniche carte che ci sono rimaste in mano, allora la partita è persa prima di cominciare a giocarla.
Vorrei scriverne meglio e a dovere, di questa foto-simbolo che naviga per il mondo, di questo messaggio nella bottiglia (e senza parole) affidato ai nostri mari. Ma fatico a trovare le parole… Troppo difficile.
Allora vorrei condividere con i lettori una canzone, i suoi versi. Come una preghiera, laica o per credenti qui non importa. Ma la politica e l’analisi della politica richiedono anche altre parole, dove l’etica delle convinzioni e l’etica delle responsabilità entrano in tensione tra loro, si guardano l’una negli occhi dell’altra, si sfidano o dialogano a seconda dei casi.
(Dalla spiaggia di Bodrum) Lacrime in paradiso *
Chissà se riconosceresti il mio nome, se ti incontrassi in paradiso …
Sarebbe lo stesso nome, se ti incontrassi in paradiso?
Devo essere forte, e tirare avanti
Perché so che io non sono di qui, non sono del paradiso.
Mi terresti per mano, se ti incontrassi in paradiso?
Mi aiuteresti a stare in piedi, se ti incontrassi in paradiso?
Troverò la strada, nella notte e nel giorno
Perché lo so che non posso stare qui in paradiso.
Il tempo potrà buttarti giù, potrà piegarti le ginocchia
Il tempo potrà spezzarti il cuore, farti implorare pietà.
Ma al di là della porta c’è la pace, ne sono sicuro
E so che non ci saranno più lacrime, in paradiso.
Chissà se mi riconosceresti, se mi vedessi in paradiso …
Chissà se mi chiameresti con lo stesso nome, se mi incontrassi in paradiso …
Ma devo essere forte, e tirare avanti
Perché, lo so, io non sono di qui, non sono del paradiso.
* Tears in heaven (Eric Clapton). Traduzione italiana con qualche piccola licenza
La vicenda ha lasciato tutti noi spiazzati,come padri,genitori,persone umane.
l’ennesimo simbolo di una tragedia senza pari,senza fine,la guerra.In particolare quello che più colpisce è la nostra ipocrisia di fronte a tragedie ormai all’ordine del giorno,la nostra assuefazione al dolore,alla morte.Quando tutto questo viene messo in evidenza dai media per ragioni varie,anche banali…un scatto particolare…le nostre coscienze si accendono,si rianimano.Quando invece ci troviamo di fronte a notizie,spesse volte non date,come la morte di 300 persone al colpo per bombardamenti nella guerra irachena\siriana \ kurda ,la maggior parte bambini, allora passa tutto in fretta, tutto nel cestino del dimenticatoio. Un bambino morto è una tragedia,300 persone sono una semplice notizia.La nostra società,con la sua liquidità in tutti i suoi ambiti, non è più in grado di fare i giusti distinguo tra verità e fake news,tutto quello che ci viene raccontato dai media in buona parte è distorto,la verità è sempre da un altra parte, tutto machiavellicamente giustificato da altri fini,vendere notizie,vendere armi,nascondere ambizioni geopolitiche a cui sicuramente non fa effetto la brutalità del bambino trovato morto sulla spiaggia.