(Uscito, in versione diversa e con altro titolo, su “Alto Adige” e “Trentino” del 18 settembre 2015 – Pubblicato su questo sito il 20 febbraio 2020)
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Estate 2015. Eccidi terroristici, gole tagliate, a mano di un sedicente “Stato” islamista; miserie e vittime che si accumulano, onda dopo onda, nell’interminabile migrazione verso l’Europa, con barconi in mano a criminali trafficanti di migranti che nelle stive stipano anche decine di morti. Brutte faccende di questi nostri tempi. Tragiche e terribili come altre, di cronaca più minuta ma altrettanto desolante e disperante che senza posa si para innanzi ai nostri occhi, rimbalza nelle teste. Ma proprio in un mondo tanto impressionante e drammatico, più che mai “c’è bisogno dell’Italia, di questa nostra bellezza disarmante che è la bellezza italiana, che è la bellezza non soltanto delle nostre opere d’arte ma della nostra qualità della vita… del nostro dialogo, del nostro benessere inteso come lo stare bene e non soltanto come fatto economico ma come qualità… delle relazioni”. Così il 25 agosto il presidente del consiglio Matteo Renzi a Rimini, all’annuale Meeting di Comunione e Liberazione. Una bella iniezione di “pensiero positivo”. Impreziosita dall’indubbia “bellezza disarmante” del nostro Paese. Ma poi, ad esempio, resta che raggiungere con i mezzi pubblici un gioiello come Gaeta è assai dura. I treni arrivano a Formia, poi per arrivare a Gaeta, che dista 18 km ci sono autobus o corriere, o meglio: ci sono sulla carta, dove persino abbondano, ma spesso restano solo sulla carta, per ragioni misteriose, di cui nessuno sa dare conto, ignote anche agli abitanti del luogo; e così si resta in attesa anche delle ore, si è rimandati ai ritmi del medioevo e ai suoi rassegnati adattamenti all’ambiente e alla casualità delle circostanze, altro che la “velocità della globalizzazione” o l’efficienza moderna di cui parla il premier Renzi. L’Italia è popolata di centinaia di Gaeta: la Gaeta del Golfo tra Roma e Napoli è solo un simbolo. Di bellezza, e anche di tutto il resto.
Pochi giorni prima delle parole riminesi del premier capita, ad esempio, che la capitale d’Italia ospita il funerale di un “capofamiglia”: un funerale strabordante di strapaese e di strapotere fuorilegge. Sulle strade prima e su giornali, TV e internet poi, compare un rito funebre d’altri tempi e d’altre culture, come un miraggio nella torrida stagione, che si inscena dal nulla, a sentir le autorità chiamate in causa: imprevedibile e quindi inevitabile, vien detto. La sfrontata esibizione simbolica di potere sul territorio e su parti della società lascia però traccia e sconcerto. A ministri, sindaco e assessori, a prefetto e questori, non è rimasto altro che comunicare all’opinione pubblica che cose del genere non devono mai più accadere, mentre qualcuno non ha ritenuto il caso di interrompere le proprie (legittime) vacanze e rientrare a Roma (il sindaco Ignazio Marino), altri in alta sede si sono irritati per il danno di immagine internazionale subito dall’Italia dell’Expo. Il danno di immagine è ovvio. Ma il punto più importante è un altro: una cosa del genere non avrebbe dovuto accadere. Punto. Di chi la responsabilità? Una preoccupata smorfia interrogativa si stende sul volto a pensare che davvero le nostre forze di sicurezza e di legalità possano essere sorprese dall’organizzazione di un rito pubblico tanto clamoroso e ingombrante (in tutti i sensi), un vero è proprio show cittadino da parte di un gruppo malavitoso e inquisito, da anni noto e monitorato.
Analoga è la smorfia suscitata da un altro episodio di questi giorni. Il governo, con enfasi e soddisfazione del caso, annuncia il successo della sua azione economica: oltre 600mila nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato in più rispetto ad un anno fa. Nel giro di 48 ore si vede però costretto a rendere noto di aver compiuto un errore: i posti in questione sono poco più di 300mila. Bene correggersi e ammettere l’errore, che però resta davvero di grandi proporzioni. Ma farsi anticipare nei calcoli da una testata giornalistica lascia perlomeno perplessi sugli uffici statistici dei ministeri, ai quali vorremmo fare affidamento quando sono in ballo dati, cifre, misurazioni che hanno inevitabilmente un impatto anche politico sull’opinione pubblica. Il ripetersi di “incidenti” del genere finisce per gettar discredito e sfiducia su istituzioni e apparati amministrativi. Si consiglia accuratezza nelle valutazioni, prudenza nelle dichiarazioni e qualità nel lavoro di tutti: dall’ultimo dei funzionari al primo dei ministri. Dopotutto, anche la scienza e i numeri vivono di credibilità e spesso di fiducia incontrollabile da parte del comune cittadino.
Torniamo alla “bellezza disarmante” dell’Italia richiamata dal premier Renzi. E’ anche nostro l’appello a valorizzare le qualità che siamo capaci di sviluppare o che abbiamo ereditato. Ma ciò non può essere estrapolato da tutto il resto che osserviamo nella vita sociale, pubblica e politica. Dalle responsabilità e dall’affidabilità nell’agire e nel dire. Così, a proposito di quella bellezza italiana, a cui pure vogliamo prestar cura, ci è venuto in mente un passo del “Ventre di Napoli”, un’indagine di Matilde Serao pubblicata oltre un secolo fa (1884). Donna Matilde si rivolge ad Agostino Depetris, all’epoca primo ministro: «Efficace la frase. Voi non lo conoscevate, onorevole Depretis, il ventre di Napoli. Avevate torto, perché voi siete il Governo e il Governo deve sapere tutto. Non sono fatte pel Governo le descrizioncelle colorite di cronisti con intenzioni letterarie, che parlano della via Caracciolo, del mare glauco, del cielo di cobalto, delle signore incantevoli e dei vapori violetti del tramonto; tutta questa retorichetta a base di golfo e colline fiorite, di cui noi abbiamo già fatto e continuiamo a fare ammenda, inginocchiati umilmente innanzi alla patria che soffre; tutta questa minuta e facile letteratura serve per quella parte di pubblico che non vuole essere seccata con racconti di miserie. Ma il governo doveva sapere l’altra parte, il governo a cui arriva la statistica della mortalità e quella dei delitti; il governo a cui arrivano i rapporti dei prefetti, dei questori, degli ispettori di polizia, dei delegati; il governo che sa tutto: quanta carne si consuma in un giorno e quanto vino si beve in un anno, in un paese; quante femmine disgraziate, diciamo così, vi esistano, e quanti ammoniti siano i loro amanti di cuore; quanti mendichi non possano entrare nelle opere pie e quanti vagabondi dormano in istrada, la notte; quanti nullatenenti e quanti commercianti vi siano; quanto renda il dazio consumo, quanto la fondiaria, per quanto s’impegni al Monte di Pietà e quanto renda il lotto. Quest’altra parte, questo ventre di Napoli, se non lo conosce il Governo, chi lo deve conoscere? E se non servono a dirvi tutto, a che sono buoni questi impiegati alti e bassi, a che questo immenso ingranaggio burocratico che ci costa tanto? E, se voi non siete la intelligenza suprema del paese che tutto conosce e a tutto provvede, perché siete ministro?>>.
Serao guardava a Napoli. Noi possiamo guardare anche a Roma o a Milano, all’Italia intera. Con lei, conserviamo l’iperbole dell’”intelligenza suprema”. Ma diversamente da donna Matilde, che ne disponeva in abbondanza, noi non vorremmo perdere le descrizioncelle colorite di intenzioni letterarie, il cielo cobalto, i golfi violetti di tramonto e le colline fiorite: abbiamo bisogno anche di poesia, fosse pure quella folkloristica, un po’ retorica e un po’ edificante. Ma non basta di fronte ai tanti “ventri di Napoli” gridano ancora, riaggiornati, i loro guasti e i loro dolori. E men che meno devono bastare ai governi.
Donna Matilde semplicemente diceva la verità,riportava dati e situazioni reali,incontrovertibili già allora.Il punto altrettanto vero è che dopo 150 anni ancora non abbiamo risolto la questione meridionale.Il sud usato dalla nostra politica come bancomat elettorale,promesse irrealizzabili,altrettante richieste da parte nostra quali posti di lavoro fisso,favoritismi personalistici a vari livelli per poi accorgerci che poco funziona.La politica evidentemente è il nostro specchio. Renzi fa buon gioco in questo mare di politica e politicanti di bassa lega.Si dice da noi nel bresciano che… uno sguercio nel paese degli orbi è un signore….Discutono da giorni in parlamento di problemi che non riguardano le persone ,ma una fascia di persone,tipo la prescrizione,mentre della bassa scolarità italiana,posti di lavoro non occupati per mancanza di preparazione dei nostri giovani,infrastrutture che mancano neanche l’ombra.Il gap che attanaglia nord e sud sarà tale per altri 150 anni continuando di questo passo.Le riforme stanno passando in prescrizione da quanto se ne parla.