Luci e ombre di una democrazia antifascista: di questo qui trattiamo.
Tra le contorsioni della gestione della crisi pandemica e quelle odierne delle reazioni al conflitto russo-ukraino che ormai hanno cancellato dall’attenzione pubblica la vita sotto il Regno del Covid e ogni faticoso tentativo di riflettere seriamente e con senso critico sui danni che il “governo pandemico” ha recato alla qualità del vivere sociale, alla cultura politica, al senso e alle procedure liberaldemocratiche, al diritto e alla stessa Costituzione… si avvicina la ricorrenza del 25 aprile. La Festa della Liberazione: quella che per eccellenza è la celebrazione dell’antifascismo e dei valori fondativi della Repubblica democratica italiana. Vale quindi la pena riflettere sulla nostra democrazia antifascista e sull’eredità politica, culturale e sociale dell’antifascismo. A ragionarci sopra con sobrietà, si possono cogliere elementi di fondo della nostra cultura politica e del suo deficit democratico, che i nostri tempi hanno solo reso più evidenti e grossolani nell’odierna rinnovata costellazione ideologica del neoliberalismo, costellazione che non da ora è dominante tanto tra le élite quanto a livello popolare, e che ha sfigurato e impoverito la tradizione liberale e costituzionale caratterizzante la lunga storia e il ricco pensiero dell’Europa, Italia compresa.
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Luci e ombre di una democrazia antifascista[1].
Luci e ombre di una democrazia antifascista (Carocci Editore, 2022) analizza i nodi irrisolti di una democrazia antifascista, legati alla memoria e all’eredità politica del fascismo e dell’anti-fascismo, del comunismo e dell’anti-comunismo, e pone in evidenza come e perché essi continuino a definire il discorso pubblico attuale, così come a strutturare il “campo politico” della democrazia italiana, le tensioni e le contrapposizioni politico-culturali, e il perimetro della legittimità democratica nell’Italia contemporanea. Il persistere di questi caratteri della politica italiana dipende da due fattori essenziali: 1) dal fatto che gli schemi culturali, valoriali ed ideologici che nutrono una democrazia hanno un ancoraggio storico non banale e sono più radicati di quanto spesso si pensi; 2) dal fatto che tali schemi sono una faccia, un mezzo e un fine di quel processo che è il potere: una molla e una posta in gioco irriducibile del “campo politico”, ossia nel “campo delle forze” e delle dinamiche del potere. Detto questo, quanto al peso della storia si tratta di sottolineare che esso non rimanda solamente a quel fatto riassumibile nel poetico “il passato che non passa”. Perché in politica, per parafrasare Gabriel Garcia Marquez, il passato non è semplicemente ciò che è accaduto o che abbiamo vissuto, ma quello che una società ricorda e come lo ricorda, e come racconta e vive quello che ricorda. Così, la qualità o la maturità di una democrazia, tipicamente, chiamano in causa anche la memoria, la rimozione e la manipolazione (sia quella fisiologica nell’agire degli uomini che quella mistificatoria, artatamente congegnata e perseguita). In tutto questo, anche in democrazia (qualunque definizione se ne voglia dare) entrano in gioco i simboli, i miti e i riti collettivi, i “significati delle cose politiche” e le loro inevitabili trasfigurazioni. In tal senso, il paradigma culturale e scientifico “vero/falso” mostra i suoi limiti esplicativi e deve aprirsi a quello dell’”interpretazione” per raccogliere la sfida della “ragion critica” kantiana e con essa la sfida della modernità democratica.
Insomma, la democrazia, dopotutto, alla radice, è “volontà e rappresentazione”. Più o meno come il mondo di Schopenhauer, però my way.
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Un viaggio, e le sue domande
Che cos’è la memoria pubblica di una democrazia? Come si forma? Come funziona? Qual è la sua grammatica? I riti della memoria repubblicana (il 25 aprile, il 2 giugno, il 4 novembre) cosa ci dicono di una democrazia difficile come quella italiana, dei suoi conflitti e della sua coesione? La Repubblica italiana possiede un “canone” politico-identitario e della memoria pubblica: l’antifascismo. Ma che cosa è un “canone”? Quanto e come, in quali e a quali condizioni il canone antifascista resiste nel presente e nelle diverse stagioni storiche, di fronte ai cambiamenti e alle fratture politico-culturali che sono la linfa vitale del pluralismo di quelle che abbiamo battezzato “società aperte”? E ancora: cosa significa il “patriottismo della Costituzione” per una democrazia? Perché “la Costituzione più bella del mondo” ha lasciato la Repubblica senza patriottismo costituzionale? Perché la democrazia antifascista italiana non aggiorna il suo patto costituzionale dopo il tramonto della “prima Repubblica” e delle forze politiche dell’arco costituzionale che lo avevano siglato, dopo la comparsa e il successo sulla scena politica ed elettorale di nuovi protagonisti nella raccolta del consenso, di nuovi orientamenti ed istanze socio-culturali? Quali sono le condizioni necessarie per dare vita a un “contratto sociale” rinnovato, e quali le difficoltà che lo impediscono? Può, e come, una democrazia antifascista soddisfare tali condizioni? Questi gli interrogativi e i temi salienti che innervano la riflessione condotta nel libro.
Guidato da questi interrogativi, il nostro è un viaggio nella Repubblica e nella sua politica della memoria, dove le ricorrenze festive del 25 aprile, del 2 giugno e del 4 novembre diventano punto di osservazione da cui si proiettano le luci e le ombre della nostra democrazia antifascista. Viaggeremo dai tempi di De Gasperi, Togliatti, Nenni e dell’Uomo Qualunque a quelli di Ciampi e Napolitano, Berlusconi, Prodi, D’Alema, Fini e Bossi, passando per Berlinguer, Moro, Craxi e Almirante. Tenteremo un ritratto della repubblica e della democrazia antifascista attraverso il susseguirsi di stagioni politiche e della cultura politica, di mutamenti della società e di snodi della storia: nascita della Repubblica, repubblicanesimo della modernizzazione e boom economico, “lungo 68” e terrorismo rosso e nero, crollo del Muro di Berlino e tramonto degli ideali del socialismo, crisi dei partiti e protagonismo del Quirinale.
La democrazia antifascista e le differenti torsioni che essa ha assunto cosa hanno dato e cosa hanno tolto alla qualità di una democrazia, come quella italiana, ancora oggi in affanno?
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La democrazia antifascista in affanno. Fratture politico-ideologiche, memorie pubbliche inconciliate e canone antifascista
Le feste della Repubblica italiana (il 25 aprile, il 2 giugno, 1l 4 novembre), la loro nascita, persistenza e mutar di accenti nel corso della storia repubblicana, registrano come la democrazia italiana possieda un proprio canone della memoria. I conflitti e le polemiche, le latenze e le intermittenze, che pure rivelano memorie divise, non hanno impedito il formarsi e persistere di questo canone, né sono finora mai arrivate al punto di azzerarne la sua valenza simbolico-identitaria: hanno continuato, piuttosto, a riproporlo. Tuttavia, nel corso della vicenda repubblicana questo canone risulta, per così dire, in vario modo ‘fratturato’: si tratta, insomma, di un canone attraversato da fratture (cleavages), da tensioni che ne hanno indebolito e insidiato la sua integrità originaria, ma non archiviato. Talune fratture si sono rivelate costanti, resistenti o latenti nel tempo, altre inedite o sopraggiunte nel corso dei mutamenti storico-politici della democrazia repubblicana.
Ancora oggi, insomma, è riconoscibile un canone identitario della memoria repubblicana; ma, allo stesso tempo, ben riconoscibili sono anche le sue ammaccature, le crepe che a tratti ne rendono incerto il profilo e la sua corrispondenza agli umori politici della società e alle culture politiche che orientano le forze politiche in campo. Arriviamo così al tema dell’antifascismo come profilo politico-identitario della democrazia repubblicana e come canone della sua memoria pubblica ufficiale. È il tema della democrazia antifascista, delle sue luci e delle sue ombre: il tema che traccia la segnaletica primaria del nostro viaggio politico.
Alla memoria frantumata e inconciliata uscita dal crollo del regime fascista, dal tramonto della Monarchia e della fine della Seconda guerra mondiale, si abbina – da subito – l’emergere di un canone della memoria repubblicana e della democrazia antifascista. L’epos della Resistenza offre un’incarnazione dei valori di libertà e di giustizia, e li avvolge in una trama di eventi, gesti e protagonisti che la nuova comunità democratica italiana, in costruzione, vuole trattenere a sé grazie a un canone della memoria chiamato ad esprimere e a definire il fondamento valoriale e l’ancoraggio storico della nuova identità politica nazionale. Il baricentro politico-identitario del nuovo regime democratico e del canone della memoria repubblicana viene fissato, già nei primi anni, nell’antifascismo. Sigillato nella stessa Costituzione della Repubblica, l’antifascismo sarà perpetuato nel tempo e da una generazione all’altra, pur tra alterni riorientamenti e fortune. Il canone antifascista trova costante espressione nei discorsi ufficiali solennemente pronunciati dal podio celebrativo da parte delle alte cariche istituzionali, dai capi politici, dagli uomini di cultura; si avvale del sostegno dei mezzi di comunicazione di massa, della scuola e dei programmi scolastici; si manifesta nei luoghi della memoria celebrati dalla Repubblica, attraverso i nomi di piazze e strade, i musei, i monumenti; si dispiega attraverso pratiche simbolico-rituali (commemorazioni e feste repubblicane) scandite da un calendario ufficiale.
Il canone repubblicano antifascista certo non esaurisce né la ricchezza né la disarmonia della memoria, dei vissuti e dei motivi che ispirano i ricordi soggettivi delle persone o delle famiglie, e delle loro comunità di vita. Piuttosto, delinea politicamente i contorni identitari del legame nazionale e la sua risonanza pubblica. Gli storici della Repubblica sottolineano come il “patto” sulla memoria antifascista o l’”egemonia” sulla narrazione antifascista si affermino già con l’8 settembre (1943): per una serie di ragioni di diverso ordine (politiche contingenti, diplomatico-internazionali, psicologico-politiche), ma tutte tese a dissociare il nuovo ordine politico dal vecchio, fino a definire il nuovo regime non solo come repubblicano e democratico ma anche, e per taluni aspetti soprattutto, come anti-fascista, vale a dire in termini di netta rottura con il recente passato.
In questo libro ripercorriamo, in modo inevitabilmente selettivo, alcuni aspetti della vicenda della democrazia antifascista italiana, sottolineandone i principali passaggi e snodi. Daremo conto delle sorti del canone della memoria pubblica prestando attenzione alle celebrazioni delle date simboliche della Repubblica, secondo una periodizzazione storico-politica che parte da una fase di ‘stato nascente’ della Repubblica (1943-47) e arriva fino al suo recente rifacimento negli anni successivi al crollo del Muro di Berlino, quando, con il disegnarsi della “seconda” Repubblica, la Repubblica nata nel secondo dopoguerra diventa irriconoscibile. La prima parte di questo saggio è dedicata ad una sintetica grammatica concettuale della memoria pubblica e al significato di “canone della memoria (pubblica)”. La seconda parte è invece una sorta di viaggio nella Repubblica, tra storia, politica e cultura politica, tra le feste civili e i riti della memoria della Repubblica italiana, dove emerge il farsi, disfarsi e rifarsi di un’identità politica democratica e di una memoria repubblicana; ma anche la difficoltà della democrazia italiana nell’integrare la religione civile dell’antifascismo con quel più maturo profilo politico-identitario che è il patriottismo costituzionale. Da qui le luci e le ombre di una democrazia antifascista.
Il nostro viaggio nella Repubblica finisce con gli anni del primo mandato di Napolitano al Quirinale, ossia prima del biennio del suo secondo mandato, prima del mandato presidenziale di Mattarella e prima che la democrazia italiana sia profondamente ridisegnata dal “terremoto elettorale” del 2018 e dall’”emergenza” pandemica che parte all’inizio del 2020 e che, mentre scrivo, porta al “governo tecnico” di “emergenza nazionale” guidato da Mario Draghi. Ma molti spunti di riflessione sulla più recente stagione della Repubblica democratica antifascista di questo periodo si trovano nella Appendice del libro, intitolata Spunti su di una democrazia antifascista e sul rifacimento della politica italiana tra Mattarella al Quirinale e Draghi a Palazzo Chigi, passando per Renzi e Salvini, Grillo & Conte & Di Maio e Giorgia Meloni, e per i comitati tecnico-scientifici e “virologi & tv”.
Di più non diciamo. Lasciamo nelle mani del lettore, curioso o interessato, il saggio-viaggio di cui sta scorrendo queste righe. Righe spoglie di glamour. Perché mai indurre in tentazione?
[1] Quanto segue è liberamente tratto dal libro G. Nevola, Luci e ombre di una democrazia antifascista, Carocci Editore, Roma, 2022.
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(Pubblicato su questo sito il 5 aprile 2022)