Libertà di scelta e “spinte difficili”. Discutiamone un po’. Il Deutscher Ethikrat (Consiglio Etico Tedesco) è un comitato di esperti che fornisce pareri e raccomandazioni su temi che incrociano scienza, etica e diritto. Sotto Ferragosto Alena Buyx, la presidente, ha dichiarato che occorre evitare, almeno fino ad ottobre, di minacciare i cittadini non vaccinati di esclusione dalla vita sociale e lavorativa; secondo la prof.ssa Buyx è meglio insistere con la “spinta gentile” (nudge). Stando alle ultime notizie, il governo Merkel sta virando in direzione opposta a quelle raccomandata dal comitato.
Ma cosa sono le “spinte gentili”? Si tratta di una tecnica che mira a persuadere le persone e a orientare le loro scelte, talora gravose o gravide di conseguenze importanti per il singolo e per la collettività; una tecnica nata da una teoria al crocevia tra scienze del comportamento ed economia, scienze cognitive e della comunicazione, diritto, scienze sociali e filosofia politica. Il concetto di nudge è stato reso noto da Richard Thaler e Cass Sunstein. L’idea di base disegna è un corridoio stretto, e possiamo così riassumerla : 1) fare in modo che le persone possano compiere scelte adeguate per il loro benessere individuale in un mondo in cui compiere una scelta può mettere una persona in difficoltà o portare a risultati negativi, indesiderati; 2) che il benessere collettivo di una società è dato dal benessere e dalla soddisfazione individuali dei suoi membri; 3) tenere fermi i valori liberali-democratici, quali la libertà, ma allo stesso tempo evitare, da un lato, che la libertà diventi anarchismo dannoso per l’equilibrio e la sicurezza collettivi, dall’altro, che la libertà individuale delle persone sia conculcata dal generalizzarsi di pratiche coercitive o da obblighi più o meno surrettizi che compromettono i diritti fondamentali di libertà scritti nelle nostre carte costituzionali. I propositi del nudge espressi dal Deutscher Ethikrat sono encomiabili, meriterebbero di essere perseguiti con strumenti coerenti. Ma non è il caso di molti governi alle prese con la gestione del contagio, quello italiano in testa.
La tradizione “liberale” della democrazia, oggi di gran moda nella cultura dominante, a destra e a manca, e difesa contro le minacce populiste et similia, sostiene che il miglior giudice degli interessi e del benessere di un individuo è l’individuo stesso, se egli non soffre di condizioni di “minorità”. Le scienze del comportamento, evidenziando che gli esseri umani prendono decisioni spesso deleterie anche per se stessi, di fatto allargano e “normalizzano” lo status di “minorità” del cittadino delle società di massa. Orientarsi nella vita e nelle scelte giuste esercitando la propria libertà di scelta, dicono i teorici del nudge, si rivela essere spesso cosa frustrante o dannosa: vuoi per il “pregiudizio del presente” e per il “ricatto del futuro” che intrappolano nel “meglio l’uovo o la gallina?”, vuoi per la mancanza di informazioni adeguate o a causa di inganni, manipolazioni o errori di valutazione, si sbaglia strada. La “spinta gentile” che qui interessa è quella accreditata dalle autorità democratiche e supportata da agenzie tecno-scientifiche. Dopotutto, osservano gli “spingitori gentili”, l’individuo compie le proprie scelte all’interno di contesti dati e predefiniti, e l’ambiente condiziona le scelte. Insomma, le nostre scelte sono soggette a un’”architettura delle scelte” che non fa molti sconti alla libertà; possiamo insistere all’infinito sulla libertà di scelta, ma non possiamo tirarci fuori dall’architettura che avvolge e definisce le nostre scelte: nel campo dei consumi, ad es., è sempre all’opera una struttura (che sia la vetrina del negozio o una pagina online) dove alcuni articoli vengono visti prima, altri per ultimi e altri ancora non visti o non presenti. È la stessa società nel suo complesso a essere ordinata secondo una struttura analoga a una vetrina, e per di più assai più sottile e insinuante. Neppure le scelte politiche (in senso lato) sfuggono alla trama di “primi piani” e “sfondi”, di colori, accenti, accostamenti, luci e angolature, sussulti emotivi, distrazioni, suggestioni o “magie” che ora attraggono o respingono, ora confondono la scelta del cittadino alle prese con la sua scelta. Ma esistono gli “architetti della scelta”, i “progettisti dell’ambiente sociale”. Ad affermarlo sono autorevoli accademici, esperti, personalità della cultura progressista, non maniaci di dietrologie, complottisti e “negazionisti” più o meno incolti di ogni risma. Secondo Thaler e Sunstein, gli “architetti della scelta”, investiti di autorità dalle istituzioni democratiche, possono aiutare le persone nella loro libera scelta fornendo informazioni, valutazioni, suggerimenti che rimediano ai pregiudizi, alle manipolazioni o alle suggestioni e ai fattori accidentali che inducono a scelte sbagliate: “gentilmente”, spingono a compiere una scelta anziché l’altra, alla scelta razionale e “giusta” per il benessere dell’individuo, se solo questi acconsente alla gentilezza.
Da qualche tempo sperimentata da diversi governi (Danimarca, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Stati Uniti) per promuovere la salute o la sicurezza, la “spinta gentile” ora fa capolino anche sui media italiani nel quadro della campagna vaccinale, dove però la si confonde con la tecnica degli incentivi (economici, sociali, ricreativi) o con gli effetti deterrenti e compellenti perseguiti dal green pass.
La libertà di scelta è cosa di cui avere molta cura, ammettono gli sponsor del nudge, ma non basta. Fortunatamente, oggi le tecnostrutture sociali e comunicative permettono di predisporre programmi di intervento per migliorare la “navigabilità” della vita e della società, e per trovare la scelta giusta: i nudge funzionano come mappe che portano ciascuno alla destinazione che desidera. Ma la destinazione preferita da ciascuno non è che un prodotto essa stessa della “spinta gentile”: è questa che costruisce la preferenza. Tuttavia gli individui sono felici della spinta ricevuta e riconoscenti agli “spingitori”. Così Thaler e Sunstein.
Le “spinte gentili” sono nel mondo: attivate dai mercati, grandi aziende, media e pubblicitari, da lobby e da esperti (consulenti finanziari, immobiliari, di coppia, medici, ecc.). Ma allora perché non preferire quelle dei governi, che possiedono i requisiti democratici (consenso, trasparenza, rappresentanza, confronto pubblico ecc.) e che si avvalgono di comitati tecnico-scientifici? Già, perché no? Verifichiamone le credenziali, e via. Dubbio: ma i cittadini di cui dicono i teorici del nudge hanno, a questo punto, forse magicamente acquisito la capacita di scegliere bene? O si dovranno rivolgere, anche in questo caso, agli “architetti” della scelta e delle spinte gentili?
Mettiamo da parte i dettagli della tecnica del nudge e le contraddizioni in cui cadono i suoi teorizzatori. Qui preme trarre spunto dalla teoria per riflettere sulla democrazia e sulle sue attuali trasformazioni. La filosofia e la tecnica dei nudge sono un sintomo e un indicatore di come in effetti funziona una democrazia. Ma oggi le “spinte gentili” spingono (gentilmente) una visione della democrazia dove la sua giustificazione e legittimazione coincide con il modo in cui la democrazia funziona nella realtà: se per l’idealismo hegeliano “l’ideale è il reale”, ora con ben minore robustezza teoretica si afferma che “è il reale a essere l’ideale”. C’è qualcosa di preoccupante in questa nuova tendenza? Sì.
Al di là di ogni altra considerazione, la politica delle spinte gentili è illuminante perché è un aspetto (non secondario), a un tempo causa ed effetto, di un processo di trasformazione della cultura della democrazia che sta arrivando ad azzerare la distanza che marca la differenza tra l’ideale e il reale. L’ideale, infatti, è un metro di misura e di critica dell’esistente, ovvero della qualità democratica delle “democrazie reali”; definisce un insieme di riferimenti alla luce dei quali discutere o tentare di migliorare una democrazia. Un tempo intellettuali e studiosi si sforzavano di valutare la democrazia reale sulla base di un ideale. Oggi prevale la tendenza a ritradurre in ideale ciò che è pratica reale. Questo scambio di funzione tra la dimensione ideale e quella della pratica reale deve fare riflettere. Ha conseguenze epocali sul nostro modo di stare al mondo, di pensare e di vivere la democrazia: segna una chiusura degli orizzonti, appiattisce il futuro sul presente. Veicola conservatorismo politico e culturale: è il “navigato” Panglos che con il suo “viviamo nel migliore dei mondi possibili” silenzia Candide. La democrazia, però, deve il suo successo storico e valoriale al fatto di non essersi fatta persuadere una volta per tutte dai Panglos. Oggi Candide è invecchiato, getta la spugna. Qui, non altrove, sta il disagio profondo che inquieta le democrazie liberali.
P.S.: La democrazia è qualcosa di enigmatico, persino di confuso: porta un “nome” che non cambia da secoli. Ma la “cosa” democrazia, a guardarla nella sua vicenda storica, è sempre diversa. La democrazia è una “cosa” polimorfica, che si trasforma nel tempo, mantenendo il medesimo nome. In fondo, verrebbe da dire, la democrazia è “cosa” indeterminata. Tanto che persino uno dei suoi valori fondanti, l’eguaglianza nella libertà e nell’autodeterminazione personale, ora viene svelato come problema, non solo per gli altri o per la collettività, ma per se stessi; sulla scorta dell’elogio della “spinta gentile” scopriamo che il cittadino torna a chiedere sempre più il supporto “amichevole” e paternalistico di chi lo governa e dei suoi esperti in progettazione di ambiente sociale e di architettura delle scelte. Forse è proprio così. Anni fa l’economista Fitoussi parlò, a proposito dell’Ue, di “dittatore benevolo”: quasi l’erede del despota illuminato caro a Voltaire. Sarebbe ora di tornare a meditare sui nomi e sulle cose.
(Pubblicato su questo sito il 19 agosto 2021 – uscito, in versione diversa e più breve, sull'”Alto Adige” del 29 agosto 2021)