(Pubblicato su questo sito il 31 marzo 2021 – Uscito, con altro titolo, su “l’Adige”, 13 aprile 2021)
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Negazionista, ti scomunico! Il sottotitolo di questo articolo potrebbe essere: nagazionismo e crociate a proposito di virus, vaccini, scienza e discussione pubblica. Vediamo di cosa si tratta.
Un libro pubblicato da un piccolo editore di Bergamo, intitolato “Strage di Stato”, che in pochi giorni è arrivato alla terza tiratura, ha sollevato un polverone di polemiche e, soprattutto, durissimi attacchi ai suoi autori e alle loro tesi. Non farò i nomi degli autori, un medico e un magistrato, né del noto ed accreditato procuratore della Repubblica che ne ha firmato la prefazione: la mia è una scelta deliberata; il lettore, seguendo il mio argomento, capirà il perché di questa scelta (se curioso, li potrà trovare senza difficoltà su internet). Se già il titolo del libro è indubbiamente forte, forse lo è ancora di più, dato il periodo che stiamo vivendo sotto l’imperio incontrollato del virus-contagio-vaccino, il sottotitolo: “Le verità nascoste della Covid-19”. D’altra parte, così funziona con i libri, se vogliono guadagnare visibilità pubblica.
“Strage di Stato” sarebbe probabilmente rimasto nell’ombra della “subcultura” che esso sollecita con il titolo, se non fosse per il risalto che gli ha dato un noto quotidiano nazionale, di nicchia ma a suo modo “autorevole” , con un articolo in prima pagina dai toni, dal linguaggio e dai giudizi, se possibile, ancora più “aggressivi” del titolo del libro, sprezzanti, che prendono di mira e maltrattano autori, prefatore e tesi del libro; l’articolo è stato ampiamente ripreso da diversi altri giornali, grandi e piccoli, e ha generato un’intervista a uno degli autori ospitata sull’agenzia di stampa Adn/Kronos. Agli autori non sono stati risparmiati pesanti insinuazioni che, prima ancora delle loro tesi, colpiscono il loro trascorso o profilo politico: una sorta di denigrazione morale-ideologica della controparte, per niente velata. Ma qui tralascio questo aspetto di una vicenda che è, peraltro, sintomatica del clima culturale in cui si confrontano le idee: un clima esacerbato dalle contrapposizioni in tema di virus, contagio, contromisure e vaccino, ma che non nasce certo con la crisi pandemica. Qui mi interessa invece portare l’attenzione sul modo in cui vengono (s)qualificati i contenuti del libro, che rimandano a una strategia di “annientamento del nemico”, sulla terminologia saliente e distruttiva usata: «deliri», «pericolose fake news», «squilibrio mentale», «complete falsità», «anti-vaccinisti», «complottisti» (sarebbe meglio dire: complottologi), «anti-semitismo becero», «farneticazioni», «paranoici», ecc.
Ma l’accusa su cui voglio soffermarmi è quella di “negazionismo”. Il prefatore definisce Il libro come un’«inchiesta che ricostruisce la successione degli eventi, la fonte dei provvedimenti, le correlazioni talvolta insospettabili tra fatti e antefatti, sollevando angosciosi interrogativi – degni di approfondimento nelle sedi competenti – sulla gestione della pandemia». Che a dire queste cose sia un alto e stimato funzionario dello Stato e non un arrembante “social-teppista dell’ordine costituito”, dovrebbe quanto meno indurre a riflettere. Una di queste sedi di approfondimento dovrebbe essere la discussione pubblica. Ma niente di tutto ciò da parte di chi ha parlato del libro sui grandi organi di stampa. Il libro, semplicemente, è stato bollato come una sorta di manifesto di argomenti dozzinali e infondati, che circolano nella società e specie sui social, come una summa che contraddice «ogni evidenza scientifica e dato di realtà». Voglio dirlo con grande chiarezza: in ogni libro possono esserci dei passaggi che si prestano alla critica, anche dura, che possono portare anche a una sua piena bocciatura; ma questi passaggi vanno indicati, controbattuti e smontati nel merito, perché la critica se non è almeno un pizzico argomentata non è tale, e anzi degrada a slogan urlati da tifosi sfrenati allo stadio. Ma molti oggi, anche in ambienti culturali accreditati, preferiscono seguire un’altra strada, quella del “Negazionista, ti scomunico!”. Non è un buon segnale per i nostri tempi.
Se in “Strage di Stato” non è tutto oro quel che luccica, purtroppo la giostra dei cavalieri della critica, a sua volta, si è cimentata in un torneo del “colpisci, respingi e butta-fuori”, dove il malcapitato è designato a priori e dove si dà per scontato che deve essere buttato fuori dal consorzio “civile”, senza spendere una parola, una spiegazione sul perché: è semplicemente scontato che così deve essere; nemmeno una riga che entri nel merito degli argomenti in gioco; neppure un cenno su cosa sia e come funzioni la scienza, inclusa quella impegnata nella lotta contro il virus e alle prese con il vaccino. Sui diversi e spinosi temi affrontati nei venti capitoli del libro, nelle sue 350 pagine, sulle fonti documentali e bibliografiche citate nelle oltre mille note: un plumbeo silenzio. Un silenzio che nasconde un vuoto, forse; o una religione della scienza, questa sì davvero populistica o fuori dalla realtà.
Ma se la scienza diventa una religione, chi non vi si conforma è semplicemente un eretico, magari pericoloso, da condannare al rogo, quello virtuale nei nostri tempi, o alla gogna pubblica e mediatica. Ai critici basta usare la parola magica, “negazionismo”, per credersi dalla parte della “verità”. Non viene offerto alcun appiglio per favorire un’educazione scientifica. Al lettore si dice, “a mano armata di demonizzazione”: se pensi certe cose, se ti fai delle domande, sei antiscientifico, neghi la scienza e la realtà, sei tra gli ignoranti paranoici deliranti e tra i cattivi; se pensi altre cose, invece, sei nella cerchia delle persone razionali e ragionevoli, ovvero nel regno de buoni. O di qua o di là: per partito preso.
Quello che così è all’opera è un meccanismo sociale, culturale e politico che la scienza sociale chiama “mobilitazione del pregiudizio”. In altre parole, l’accusa di negazionismo diventa uno stigma che nega l’identità di persona razionale o ragionevole a chi ne viene colpito, finendo per chiudere la bocca e la discussione. Al lettore si offrono, per pochi spiccioli, certezze che non abbisognano di niente altro che di essere affermate, e diffuse con grande potenza mediatica, punto; certezze che si contrappongono a muso duro alle “contro-certezze” del libro incriminato. Chissà perché, ma mi vengono in mente le parole di uno spot pubblicitario di questi mesi: «Siamo onesti… Coltiviamo le nostre verdure in modo sostenibile. E poi le mettiamo nella plastica… C’è un modo diverso?». C’è un modo diverso di discutere della scienza e dei vaccini, dei dubbi, delle paure e dei rischi? Che non sia “Negazionista, ti scomunico!”? Sì.
Purtroppo questa pandemia ha messo in evidenza tutti i nostri mali..ha aperto un vaso di Pandora ed è uscito di tutto e di più… Chi sapeva probabilmente non si aspettava una cosa del genere,pandemica a livello mondiale.La nostra società,di produttori consumatori,non ha accettato che la salute fosse messa al primo posto a scapito dell’economia..prima i soldi.. poi il resto se è vero.Abbiamo visto politici e imprenditori speculare sulle mascherine,sui camici,sulla scuola,siringhe sbagliate etc.L a democrazia stessa messa in discussione dalla necessità di prendere decisioni veloci ma controproducenti politicamente… magari necessarie..Per non parlare dei leoni di tastiera,che fanno commenti da bar supportati da pregiudizi senza la minima competenza. Il punto vero è che dopo un anno siamo ancora alle prese con scarsa competenza sia nelle decisioni
che nel.. modus operandi..Abbiamo sempre detto che noi dopo saremmo cambiati,invece il nostro essere è ancora legato ai vecchi schemi ,capisco che non si può cambiare velocemente come il contesto imporrebbe un vero cambio di passo a partire da noi stessi.Forse il punto è che ancora la crisi vera non è arrivata..poi il commento sul libro sarà l’ultimo dei pensieri.