(Uscito, in versione leggermente diversa, su “l’Adige”, 18 novembre 2019 – Pubblicato su questo sito il 21 novembre 2019)
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Caduta del Muro di Berlino: evento simbolico della nostra età, catalizzatore di trasformazioni del mondo contemporaneo. Ha portato a società e culture della politica che, dopo l’”attimo fuggente”, sono diventate difficili da trattare con gli schemi del “secolo breve”: oggi una politica in movimento disorienta osservatori, esperti e cittadini. Con la caduta del Muro, nella politica erompono mutamenti profondi: tramontano il mondo e le ideologie bipolari novecentesche (“mondo libero” vs. “mondo sovietico”) e si affermano nuovi orientamenti contrapposti (globalismo e fine dei territori vs. comunitarismo e ritorno dei territori); lo Stato come fonte prima di autorità e di diritto, come regolatore dell’economia e del welfare, cede il passo al mercato-potere; s’accelerano l’integrazione e l’allargamento dell’unione Europea, tornano a lievitare sentimenti nazionali; esplodono i flussi migratori verso e dentro l’Europa e la politicizzazione della questione migratoria. Ma rilevanti sono pure gli effetti più specifici per l’Italia, ad esempio l’appannamento dell’antifascismo e il diffondersi di spinte critiche o “revisioniste” che logorano il “mito fondatore” della Repubblica.
Da noi, le conseguenze più dirette e manifeste hanno investito anzitutto i partiti: la “destrutturazione” del sistema partitico mette in crisi e altera il regime democratico, sfigurando la “Prima Repubblica”. A partire dal 1992, anche a causa di Tangentopoli e Mani Pulite e della riforma in senso maggioritario della legge elettorale, abbiamo risultati elettorali clamorosi; dalle elezioni del 1994 prende avvio la tanto agognata alternanza al governo, che porta al governo forze non appartenenti all’“arco costituzionale” repubblicano e antifascista: partiti un tempo inesistenti (Forza Italia, Lega Nord) o deliberatamente esclusi dall’arco costituzionale (Alleanza Nazionale figlia del MSI), persino sostenitori della rottura dell’unità nazionale (la Lega secessionista di Bossi). Nel “dopo 1989” di fatto escono di scena partiti storici (in primis il PSI); altri vedono travolte le loro identità politiche e forme organizzative, cambiano più volte nome, si contorcono in ripetute scissioni e ricomposizioni (DC, PCI). Concomitante è un progressivo ricambio della classe politica, un grande successo politico di “uomini nuovi” (Berlusconi), del “giovanilismo” e del “femminile” come categorie della politica, l’emergere di un marcato e visibile peso politico dei presidenti della Repubblica. Un dato di sintesi impressionante e di forte rilievo politico è che già alle elezioni del 1994 i partiti dell’arco costituzionale, con denominazione cambiate o meno, o loro eredi, nell’insieme non arrivano neppure al 45% dei voti, mentre fino a quel momento avevano raccolto normalmente oltre l’80% e talora oltre il 90% dei consensi.
Con la caduta del Muro viene travolto l’universo identitario comunista, inclusi i suoi rifermenti politici e ideali all’Unione Sovietica. Ma in Italia è travolto anche l’universo democristiano, il cui successo e la cui tenuta nel tempo erano stati alimentati non poco dal rappresentare l’argine contro la “minaccia comunista”, con il sostegno degli Stati Uniti. All’indomani del crollo del Muro e con la fine dell’impero sovietico, per Washington l’Europa e l’Italia perderanno centralità nello scacchiere strategico internazionale. Come conseguenza del nuovo quadro geoideologico e geopolitico, nella democrazia italiana si acuisce lo sfibrarsi della distinzione destra-sinistra come fattore di identità politica e collettiva. Destra e sinistra diventano irriconoscibili, sbiadiscono nella corsa verso un inedito centrismo neoliberale e pro-sistema. I partiti e le culture politiche diventano dei patchworks identitari; persino la distinzione tra cattolici e laici si assottiglia e perde la sua espressione politica-partitica. I cittadini si trovano davanti partiti di centro-sinistra e di centro-destra che, in vario modo, convergono sui valori della società e dell’economia neoliberale, partiti con un basso profilo ideologico-identitario, con orientamenti fluidi e che operano come “partiti piglia-tutto”, come macchine o cartelli elettorali; partiti sempre più autoreferenziali, distanti dalla quotidianità della vita sociale, che per raccogliere consensi fanno leva su una campagna elettorale permanente, in ultimo tramite propaganda via internet e social media. E, non a caso, in questi anni crescono a dismisura astensionismo, volatilità elettorale e propensione degli elettori verso il “nuovismo” in politica. Su gran parte dei cittadini calano nebbie “a-ideologiche” e mancanza di saldi punti di riferimento ideale e valoriale: tramontano quelli tradizionali, faticano a maturarne di nuovi (con la parziale eccezione dei legami identitari basati sui territori, sul localismo). Nel “dopo 1989” galoppano l’individualismo identitario e “acquisitivo”, nutriti di diritti civili e di beni di consumo; molti si identificano con cause sempre più monotematiche e frammentate; si allarga lo spazio degli interessi corporativi, della politicizzazione di identità collettive centrate su stili di vita e minoranze culturali.
Ma l’effetto forse più pervasivo della “caduta” del Muro di Berlino è il protagonismo che da subito assume la “società civile” nel sistema politico: decolla la “democrazia dei cittadini” contro la “democrazia dei partiti”. Nasce la “democrazia del pubblico”, caratterizzata da un’esasperata personalizzazione e leaderizzazione della politica, e da una fragilizzazione dei partiti come corpi intermedi: incunaboli dei cosiddetti populismi odierni. Del resto, non andrebbe dimenticato, lo slogan che nella Germania del crollo del Muro guidava le mobilitazioni contro il regime sovietico era “Wir sind das Volk” (Noi siamo il popolo). Quella che nel 1989 esplode a Berlino è una politica anti-sistema che percorre l’Europa dell’Est contro la politica pro-sistema che difende l’ordine sovietico e che verrà travolto. Ma pure in Italia è politica anti-sistema quella che si mobilitava contro la “repubblica dei partiti”, la “partitocrazia” e le élites dominanti, con il vento in poppa dell’azione svolta dalla magistratura. In quegli anni la nuova dialettica tra politica pro-sistema e anti-sistema è un seme gettato nelle terre d’Europa che vedrà crescere molti alberi. In questa trasformazione della politica vediamo l’’”altra faccia” degli effetti della caduta del Muro: uno scossone alla politica che è stato un po’ superficiale leggere solo come vittoria della democrazia sul comunismo e che sfuggito ai tanti che celebravano il “radioso mondo nuovo”, quello dei diritti universali, della libertà, della democrazia virtuosa; una faccia, questa, che ancora oggi, nel celebrare il trentennale, resta nell’ombra. Effetti inattesi o “perversi” del crollo del Muro. Retrospettivamente possiamo dire che l’Italia è stata apripista, per l’Europa occidentale, di trasformazioni che, in pochi anni, interesseranno tutti i Paesi europei, con il successo della politica anti-sistema, la frammentazione partitica, le difficoltà a formare maggioranze di governi stabili e coerenti sull’asse destra-sinistra. Al crollo del Muro si accompagna un rifacimento della democrazia che, come vediamo oggi, veicola l’appannamento della distinzione tra destra e sinistra, e l’emergere di neo-populismi, pro- e anti-sistema.
…nel 1989 ero in Africa per lavoro…esperienza unica,e poi ero giovane!!! I giornali che arrivavano con qualche ritardo titolavano a caratteri cubitali la caduta del muro di Berlino…infamia mondiale…Il papa polacco aveva fatto la sua parte,il sindacato cecoslovacco idem,il presidente russo anche,gli attori sulla scena internazionale erano parecchi ma vedere tanti giovani picconare il muro era il vero segnale del cambiamento. Un epoca era finita per davvero,il novecento finiva in quel momento,giustamente chiamato secolo breve.la guerra fredda terminava, Urss e Stati Uniti hanno cominciato a parlarsi in modo pacifico.Quando un periodo storico termina inizia qualcosa di diverso,ma stavolta il cambiamento è stato veloce, lo spazio è stato compresso dal tempo e ha caratterizzato il momento che stiamo vivendo,la globalizzazione. Sembra che tutti i muri siano caduti,niente confini,tanta libera circolazione di popoli e merci,niente partiti,tanto personalismo e perfino il liberismo è cambiato,è diventato tutta finanza.Il neoliberismo o finanza moderna ha preso il sopravvento in ogni ambito,non solo dal punto di vista commerciale,ma soprattutto la politica non ha saputo stare al passo di questo veloce cambiamento,e oggi che anche la globalizzazione volge al termine il conto da pagare è notevole. La società è diventata liquida, i valori solidi quali il lavoro e la famiglia non sono più tali,la politica si è trasformata in propaganda e la gente smarrita auspica scelte sbagliate.Personalmente penso che siamo in un periodo transattivo e che il buonsenso prevarrà sulle scelte sbagliate.