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Tra patriarcato e poesia. La testarda regina e il figlio del sole

Il Paese delle meraviglie Tra patriarcato e poesia. La testarda regina e il figlio del sole    Stelle cadenti… patriarcato… spazzatura… oscurantismo… becerismo… prepotenza… fragilità… maschilismo… immaturità… violenza… minaccia… balordaggine… malattia… incultura… cialtronismo… fallimento…  eccetera eccetera eccetera… (e che ciascuno ci metta la sua). Sì, può essere. Ma… è solo una canzone. Vuoi già abbandonare? Ma, suvvia, dai continua. Pochi minuti e ti diverti o ti arrabbi sul serio! Allora… Non perdiamoci sempre di più in soli due colori, nel bianco-o-nero. Attenti a “non fare di ogni erba un fascio”. Finita la predica. E allora? E allora… Non può essere che questa sia solo poesia? Punto di domanda e punto fermo. Certo, può piacere o meno… Ma è solo poesia vestita di melos, da canzone. Prendiamola per quel che è. E ciascuno vada con i suoi gusti. E nel suo piccolo questa canzoncina poetica può “provocare”… confronti, opinioni, discussioni, scambio…

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Democrazia e paura di esprimere le proprie idee

(Pubblicato su questo sito il 6 settembre 2020 – Uscito, in versione e con titolo diversi, su “l’Adige” e “Alto Adige”, 4 settembre 2020) – Pur in affanno, le società occidentali liberaldemocratiche, anche l’Italia, non sono assimilabili alla Cina, Russia o Turchia; sono inconfrontabili con la Cina, la Turchia o i regimi sovietici di un tempo. Prendiamo ad esempio la libertà di opinione e di espressione. Dalle nostre parti, si vive nel “mondo libero”. Lo apprendiamo fin da ragazzini, a scuola; possiamo scegliere quali giornali leggere, abbiamo una stampa, con tutti i suoi limiti, libera e plurale; scegliamo i nostri programmi televisivi, radio, film, libri, musica, social e siti. Anche sotto le limitazioni-da-pandemia, troviamo modo di riunirci, di discutere insieme, partecipare a manifestazioni o a mobilitazioni di protesta, e bene o male andiamo pure a votare. Abbiamo talmente acquisito questi aspetti del nostro vivere sociale e politico, che ricordarli pare…

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Long and winding road. Il cammino e le stagioni controverse del 68 italiano

(Uscito, in versione diversa e con altro titolo, su “UniTrentoMag”, 3.12.2018 – Pubblicato su questo sito il 20 gennaio 2020) – Nella primavera di cinquant’anni fa usciva l’ultimo singolo dei Beatles. Sul lato A era incisa The Long and Winding Road: una melodia struggente, che il produttore Phil Spector aveva appesantito con archi sinfonici, sbagliando arrangiamento, snaturando il brano (una ballata pianistica) e facendo infuriare Paul McCartney, autore del brano. I Beatles si erano appena sciolti: siamo ai titoli di coda, postumi. Era (e resta) una malinconica canzone, ma anche una preghiera, dice di un cammino di dolori e di speranze che porta a una porta: qualcuno si è perso e improvvisamente pare ritrovarsi, nel bussare a quella porta, chiedere di poter entrare. È la canzone di una strada lunga e tortuosa, sotto il vento e la pioggia, si allude ad errori, a dolori e a speranze. The Long and…

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